Archivi Blog

Boscia Tanjevic: “Avviamo la rivoluzione, 2 stranieri e salary-cap per italiani. Trieste pensi prima a prendere gli italiani”

27788626_10160068951375381_3126613261866454097_oFonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini

Movimento cestistico nazionale in mutamento, un’emergenza sanitaria che potrebbe essere da spartiacque fra il basket professionistico e quello che resterà di esso. Bogdan Tanjevic, da rivoluzionario, ha sempre le idee chiare, a prescindere dalla contingenza.

Coach, dove sta andando il nostro basket?

“Il coronavirus ha avuto un impatto enorme sull’economia mondiale, con ricaduta violenta sulla pallacanestro. Partendo da questo presupposto, valutando quanto sarà difficile spostarsi e le cautele per il prosieguo della nostra esistenza a contatto con le persone, penso che si vada verso una serie A a 16 squadre (18 erano troppe), con palazzetti riempiti a metà per buona parte della stagione, se non tutta. Con Milano e Bologna presenti, ancora per poco…”

In che senso?

“Se l’Eurolega vuole allargare a 20 club la competizione, le partite saranno talmente tante, con viaggio lunghi annessi, per cui sarà necessario per Milano e Bologna fare una scelta fra campionato italiano e quello europeo. E’ assurdo, ma potrebbe capitare.”

Un mercato isterico, con giocatori acquistati agli stessi prezzi dello scorso anno e società che fanno fatica a far quadrare il budget per la prossima stagione. Come trovare un equilibrio?

“Semplice: ridurre a due gli stranieri nel nostro campionato, predisponendo quindi i procuratori a dover agire secondo regime di libera concorrenza con molti meno posti per impegnare i propri assistiti. Gli italiani costano troppo? Balle, o se anche così fosse, basta porre un “salary cap” per loro, così anche in questo caso i procuratori non giocherebbero a rialzo per i pezzi pregiati. In linea generale bisogna tornare all’essenza del gioco, più poveri ma con più voglia di praticare lo sport. Serve quindi una rivoluzione globale, una “sa-nazione” del movimento (neologismo strepitoso che sintetizza la sanificazione del movimento in funzione del prodotto italiano). Io sono per la logica delle cose: quando c’era il regime dei due stranieri i club italiani vincevano in tutte le coppe, la Nazionale si faceva valere e c’erano realtà che producevano talenti in casa, come Riva e Marzorati a Cantù.”

Trieste per ora gioca d’attendista: ideale per fare i migliori affari domani?

“Prima di tutto Mario Ghiacci sta valutando il budget a disposizione, ed è la cosa più importante. Il mercato stranieri subirà l’onda lunga della crisi economica, per cui ha senso aspettare un po’; per gli italiani invece direi che i tempi sono maturi per contrattualizzarli subito.”

Il giovane Lodovico Deangeli in una recente intervista ha parlato dell’opportunità di crescita in A2 piuttosto che rischiare di stare in panchina in A1. Che ne pensa?

“Conosco molto bene il ragazzo, l’ho seguito e visto crescere in questi ultimi anni. Dico che non è importante il minutaggio, ma quanto sei parte della battaglia. A1 o A2 che sia, i cinque minuti a partita chiusa non servono a niente, anzi, ti fanno regredire; serve imparare a giocare quando la palla scotta, quando pesa ad ogni tiro che prendi. In questo caso, A1 o A2 fa poca differenza. Poi, certamente tutto è figlio della strategia societaria e delle volontà dell’allenatore.”

Parco americani: meglio insistere su giovani affamati o l’affidabilità dei mestieranti?

“Non c’è una via maestra. Ho avuto Terry Tyler con 12 anni di NBA divertirsi come un bambino e Rolando Blackman primo in fila ad ogni lavoro fisico. Due ragazzi d’oro, con il “sacro fuoco” addosso. Così come ho avuto “rookie” come Larry Middleton e Sylvester Gray che hanno dimostrato di essere uomini di grande spessore. Io comunque non avrei problemi a puntare su giovani atleti usciti dall’università, in generale dimostrano di aver voglia di arrivare.”

Pubblicità