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Analisi post Reggio: persa nettamente sul piano tattico, i doppioni inutili e che il pubblico reagisca

Partite persa più nettamente di quanto dica il punteggio

Reggio Emilia che perde Marcus Lee per infortunio, perde coach Sakota risibilmente sbattuto fuori da una terna arbitrale inconsistente, comanda a Trieste per quasi tutti i quaranta minuti. Capite adesso la gravità dell’approccio con Brescia? E’ un fardello pesante che ti porti dietro durante la settimana dando per scontato di liberartene la partita dopo; invece è subliminale, è incistato nella testa dei giocatori sottoforma di picchio che sgretola pian pianino le certezze costruite settimane prima. Sakota ha letto perfettamente quello che c’era da leggere su Trieste, un libricino di un paio di pagine in cui si indica la pressione al regista di turno, si consiglia di far collassare la difesa in area sulle penetrazioni di Bartley, lasciando pure Terry e Spencer vagare sulla linea da tre punti. Viceversa la preparazione difensiva triestina ha trovato una falla enorme nella gestione dei “pick and roll” reggiani, prima lasciando a Cinciarini chilometri di spazio, poi a turno a Senglin, Anim e Hopkins.

Emanuel Terry a spasso a 100 metri dal canestro. Il senso?

Emanuel Terry “a funghi” lontano dall’area e mai coinvolto ha senso esattamente come portare a lavare l’auto prima del temporale estivo. Il tentativo di farlo coesistere con Spencer era doveroso ma reiterare questo abbinamento sta portando alla sparizione del giocatore e al calo di rendimento del compagno di reparto; neanche abbinando Terry con Videra ha senso, bisogna farlo giocare da “5” dinamico con un “4” capace di agire lontano dal ferro come Lever. I due tiri da tre punti, uno effettivamente per mancata lettura del giocatore su uno “scarico” possibile al compagno libero, è frutto di questa mal consigliata scelta. Vogliamo buttar via un uomo da 25 mila dollari al mese?

…e sempre della serie, i doppioni dell’album di figurine

Partendo da Terry e arrivando ad Hudson. Troppo poco per giudicare il secondo ma la sensazione è che ci troviamo di fronte ad un clone magro di Bartley. Ora, esattamente come la delusione di quando si completava l’album delle figurine Panini, il “doppione” non rende felice lo staff tecnico. Neanche la fusione di Obradovic e Popovich potrebbe trovare soluzione alle fotocopie Terry-Spencer che riempiono l’area pitturata e al duo Bartley-Hudson che la invadono penetrando. Serviva un’ala tiratrice che “apra la scatola”, e invece…intanto Gaines fa 3 su 3 vinte con “ventelli” comodi.

Quando l’avversario te ne fa uno più di te…

Chiunque sperasse di vincere le partite segnando un canestro in più… o si chiama Openjobmetis Varese, o ha Oscar Schmidt in squadra, o può dire addio ai sogni di gloria. La salvezza passa per una missione sacrificale votata al principio difensivo, un qualcosa che non solo abbassa la soglia per vincere una partita di basket (e quando non hai talento sconfinato, è meglio), ma genera una solidità mentale da combattimento. La partita di Corey Davis è il manifesto di un pensiero debole: mi accomodo presuntuosamente sul talento per portare il gruppo alla vittoria; peccato che ad un cerro punto l’”assiro” recitava la tabellina del “due” e il suo diretto avversario, Senglin, quella del “tre”. Saluti e baci.

Ognuno la sua parte, il pubblico reagisca

Non sarà il “porta un amico” o chissà che iniziativa “porta pizze” di primo tempo a convincere il tifoso a sedere al Dome in senso partecipativo. Qua è necessario uno scuotimento globale, della squadra ma anche degli appassionati. Se il triestino medio ha una scusa per ogni situazione (sabato sera, le prime serate di primavera, la cena con gli amici, la Triestina il giorno dopo…), nessuno può sostituirlo per caricare oltre modo i ragazzi e l’ambiente. Non è un mistero, l’Allianz Dome al suo meglio è fra i primi 3-4 “catini” più coinvolgenti d’Italia, e  non lo dico io ma gli addetti ai lavori delle altre società. Assuefarsi è umano, scuotersi è doveroso in vista di un rush finale molto caldo, caldissimo…decisivo per quello che vuole essere l’ambizioso futuro americano. Sveglia!

Raffaele Baldini

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