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La (non) analisi del post Pesaro

In tanti anni che scribacchio di pallacanestro non mi è mai capitato di non avere un’analisi per capitoli da proporre. Il motivo? Perché sarebbe come giudicare un concerto di un cantante afono, una degustazione con il Covid e la mancanza di gusto e olfatto, analizzare un quadro in una stanza buia. Non c’è NULLA da salvare della partita con Pesaro, non c’è un appiglio tecnico/tattico su cui fondare un ragionamento propositivo…nulla di nulla. E anche volessimo trovare qualcosa di positivo, sarebbe una presa in giro per uno staff tecnico competente. La coerenza in tal senso ha “inquinato” anche gli aspetti caratteriali, presentando un gruppo senza reazione e senza amor proprio nel secondo tempo. E’ l’esordio in campionato, ma questo non vuol dire che si debba essere arrendevoli alla prima spallata di una non trascendentale Pesaro. Che avremmo dovuto patire era scolpito nella pietra in estate, che avremmo sbagliato qualche americano era logica di una società che considera il Direttore Sportivo o GM una battuta da spendere alla presentazione della campagna abbonamenti alla faccia del coglione (il sottoscritto) che si interroga a riguardo; nessuno però avrebbe cavalcato un pregiudizio legato all’atteggiamento. Chi ha giocato a basket sa perfettamente che la voglia di far bene all’esordio spesso si traduce in una esondazione che rompe gli argini della razionalità, che ti trascina via senza che tu possa fare nulla; resta il fatto che l’ultimo quarto è caratterizzato da un’arrendevolezza non accettabile, con la beffa di non poter schierare i giovani quale insegnamento per i titolari (essere in 9 a referto in serie A è qualcosa di incommentabile). Adesso c’è la Virtus Bologna, un ottimo motivo per riprendersi la dignità e l’orgoglio, perché se la qualità non è democraticamente spartita, l’amor proprio è bagaglio di tutti.

Ad maiora.

Raffaele Baldini

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