L’NBA ritorna….viva l’NBA!

Tanto vituperata dai bacchettoni europei (a ragion veduta), criticata dai tattici addetti ai lavori, distrattamente seguita da chi ancora e’ abbagliato dalla luce dei vari Magic, Bird, Jordan, fatto sta che l’NBA ti accorgi quanto manca, quando corri il serio rischio di restarne senza. A margine della querelle fra proprietari e giocatori, di cui e’ superfluo entrare nel merito visto le centinaia di informazioni giornaliere sul tema, apro un dibattito sulla scia che si e’ portato dietro il lock-out, ovviamente partendo dal mio punto di vista.

Sono contento che l’NBA torni a riempire le nostre notti da “dipendenti cestistici” innanzitutto perche’ si pone fine al becero mercanteggiare di “fenomeni da baraccone” in giro per l’Europa, che ha avuto forse il punto piu’ alto (in senso etico ndr.) nella scelta di cuore di Tony Parker e Boris Diaw (per citarne due), e il punto piu’ basso proprio nella nostrana vicenda Kobe Bryant; secondo me il circo montato dal Presidente della Virtus Sabatini non ha fatto altro che svilire il povero ma orgoglioso basket italico, soprattutto negli attori principali (unica voce fuori dal coro quella di Hackett), addirittura dimenticando i figli recenti dei grandi trionfi delle Vu nere come Manu Ginobili, elegantemente rimasto a margine della vicenda.

Grazie al cielo la fine di questo marketing sportivo riportera’ i veri valori nel vecchio continente, con la Mens Sana che tornera’ a primeggiare su una Milano orfana di Danilo Gallinari in Italia, e in Euroleague con qualche ridimensionamento sensibile (seppure non si e’ vista l’incidenza che si pensava degli strapagati giocatori NBA); insomma tutto al proprio posto dopo la shakerata autunnale, finalmente ad ognuno il suo, per buona pace dei magnati turchi, francesi, spagnoli ecc.

Ad ognuno il suo vuol dire anche ridare dignita’ alla passione sportiva, quella che anima il tifoso, quella che stride con la logica del mercato dei giocatori NBA in Europa, piu’ attenti a monetizzare il periodo ai box che realmente a sudare per una maglia; sara’ la consueta obsoleta visione romantica, forse ingenua rispetto anche ad un professionismo moderno poco incline a “sporcare” piu’ del dovuto il proprio impegno, tant’e’ che almeno leggitimo sia pretendere un’ “etica di facciata”…

Poi c’e’ lo spettacolo, come sostiene Maurizio Gherardini, il business tanto ben confezionato dal commissioner David Stern che, guarda caso, trova il modo anche nei momenti difficili di garantire colpi ad effetto, in questo caso regalando sotto l’albero natalizio l’inizio della stagione regolare; per molti il basket americano e’ come un musical, spettacolo un po’ artefatto ma di grande impatto, un piacere per gli occhi a cui non e’ possibile farne a meno, anche perche’ il surrogato (sempre che si consideri tale) della NCAA non e’ dello stesso tipo, pur essendo incredibilmente affascinante.

Poi, come in un colossal, quello che fa la differenza e’ la recitazione degli attori, James, Bryant, Wade e company rappresentano nell’immaginario di chiunque i supereroi con la palla a spicchi, quelli che per capacita’ atletiche (infinite) e tecniche (normali rispetto a qualche decennio fa), garantiscono un sogno ad occhi aperti.

Insomma, il carrozzone stelle a strisce riprende il cammino per la gioia di tutti, con il canovaccio ormai consueto di una stagione regolare “ in vetrina” e i play off invece in trincea, battagliando su ogni pallone per l’agognato anello…..

NBA… I love this game!

Raffaele Baldini

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