La National Basketball…. Addiction (parte seconda)
Riprendiamo il discorso da dove l’avevamo lasciato….la questione giocatori, stessa materia prima in condizioni di campionati differenti, elemento quanto mai utile a marcare le differenze.
Il piu’ “fresco” e quanto mai attuale cestista che ha illuminato un campionato europeo e poi fatto la differenza in quello stelle a strisce e’ ovviamente il “Gallo” Danilo Gallinari; ora, per il fegato ingrossato del newyorkese Spike Lee, l’ala di Sant’Angelo Lodigiano sta predicando pallacanestro in quel di Denver, mettendo in mostra un gioco all round ed avendo DNA da leader, cioe’ che quando lui gioca bene la squadra vince, altrimenti no. Bene, lo stesso giocatore, in maglia Milano certamente in un contesto fortemente inquinato (alla luce di una costruzione di squadra e della stagione in corso), e comunque conservando statistiche importanti, ha fatto molta piu’ fatica, sia nel tiro (e questo la diversa distanza della linea da tre punti puo’ incidere), sia nelle difficolta’ ad andare dritto per dritto ad attaccare il ferro.
Se alziamo l’asticella per esemplificare il concetto, passiamo allora alle gesta di Ricky Rubio, ormai uomo copertina della NBA, un incantatore di serpenti a Minnesota capace anche di confezionare oltre 11 punti ad allacciata di scarpe; in Europa, il talento purissimo che esordi con la Juventut di Badalona a 16 anni, divenne col tempo un ingombrante gioiello non totalmente espresso. Per capirci l’ultima stagione di Euroleague da ormai maturo playmaker del Barcelona la concluse con 6,5 punti a partita tirando con il 30% dal campo…
E potremmo andare avanti con coloured tipo Brandon Jennings, Earl Boykins, ecc., ma necessariamente uno deve porsi il quesito del perche’ accade questa metamorfosi, e la soluzione piu’ credibile e’ tornando al discorso del tipo di basket giocato fra i due continenti.
In America, a conferma degli stessi addetti ai lavori, la regular season e’ puro patto d’onore fra le squadre, in cui forse si gioca agonisticamente l’ultimo quarto di gioco; allora si che ogni cestista puo’ calcolare in ogni tiro il vento, l’umidita’, la distanza e mirare con comodo…figuriamoci se si hanno mani torride come quelle di Bargnani per esempio, o corsie libere per atleti come Rose, James, ecc.
In Europa la partita e’ intrisa di pura filosofia militare o comunque portata agli eccessi, “vincere o morire” , “e’ come una finale”, “LA partita”…. quindi risulta chiaro che il mix letale di decisivita’ da costruire dal primo secondo di gioco e tattica di finissima scuola con adeguamenti, difese particolari e raddoppi rendono la via per il canestro un ginepraio da cui non e’ facile districarsi.
La sintesi del mio pensiero e’ che l’NBA nella sua stagione regolare e’ vetrina, spettacolo non proprio artefatto ma comunque mancante di qualcosa (e’ la’ forse si palesa la noia…), che muta la propria pelle con i play off, sublimando invece alla grande il dominante strapotere fisico, e quindi un agonismo sopra le righe, con la famelica rincorsa all’agognato anello.
L’Eurolega invece e’ una pericolosa danza sul filo del rasoio, inframezzata da qualche momento di respiro (vedi partite a qualificazione ottenuta), vivendo poi il nirvana di tutto cio’ nella miglior importazione statunitense, cioe’ le Final4, spettacolo di tifo, di basket, di passione!
Ad ognuno il proprio pensiero e la propria scelta…..
Raffaele Baldini (www.cinquealto.wordpress.com)
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