Mastrangelo-Mengue, la difesa il cavallo di…. Troy!
Anche i muri sapevano che il leader indiscusso della Sigma Barcellona era Troy Bell, playmaker maestro del pick’n roll e capace di strisce realizzative decisive nei momenti caldi; gli stessi muri sapevano che la coppia con gambe più adatte alla difesa dei play-guardia avversari in casa Trieste sono quelle di Daniele Mastrangelo e Bruno Ondo Mengue (Stefano Tonut in terza battuta). Bene, coach Dalmasson ha così preparato la staffetta per asfissiare la regia siciliana, e il piano tattico è riuscito alla grande; soprattutto Ondo Mengue, quando Bell ha tentato di mettersi in proprio per raddrizzare la partita nel secondo tempo, ha tenuto l’uno contro uno, mettendo i chili necessari a far deragliare il leader di coach Perdichizzi, avventuratosi in entrate a canestro scomposte. Per l’amor del cielo, Troy Bell ha palesato un certo calo fisico già nell’ultima uscita di campionato contro Veroli (7 punti in 29 minuti), l’impressione è che comunque la verve dei due acegatini avrebbe reso la sua serata qualcosa di molto simile ad un incubo.
Capitan Marco Carra: presente!
Sapete qual è la più grande fortuna per un allenatore? Avere in squadra certezze, giocatori capaci di stare in panchina per diverso tempo e per poi poterli chiamare al loro dovere e ricavare grossi dividendi; Marco Carra è tutto questo, uomo intelligente e leader silenzioso, uno per capirci che non ha avuto problemi a metabolizzare il passaggio da protagonista e terminale principale la scorsa vincente stagione in DNA, a uomo di supporto al play titolare diciannovenne Michele Ruzzier. Non bastasse? Nelle cinque uscite senza Ruzzier fra campionato e Coppa Italia, il play-guardia di Reggio Emilia ha prodotto 11,8 punti ad allacciata di scarpe con il 94% ai liberi, in pratica il secondo attaccante della squadra (essendo Brown stato fuori per un paio di partite della cinquina sopra descritta). Cosa volere di più da un capitano?
Spettatori in aumento, e i mini abbonamenti fanno gola
Trieste comincia a rispondere; dopo la tiepida risposta in sede di campagna abbonamenti (con colpevole incidenza societaria per un’operazione rivedibile), il pubblico sta aumentando di domenica in domenica e ora si attesta solidamente sulle 3.000 unità e oltre. Si può far meglio ma va bene, il triestino medio ha ormai capito che la creatura plasmata da coach Dalmasson è credibile cestisticamente, non tradisce quasi mai e produce un basket divertente. Ora il saggio propellente dato dalla Pallacanestro Trieste 2004, mini abbonamenti per le 4 partite di dicembre-gennaio che potrebbero ulteriormente incrementare gli aficionados domenicali; e le risposte ci sono già, diversi mini abbonamenti venduti e un crescente interesse verso l’Acegas Aps sono il segnale tangibile di quanto sosteneva coach Pancotto sempre: non conta quanti spettatori ci sono alla prima di campionato, ma quanti alla fine della stagione. Questo perché la convergenza fra società e pubblico sta avvenendo, la prima appunto raddrizzando quello che si aveva sbagliato in origine, i secondi capendo lo sforzo e soprattutto imparando a godere del prodotto offerto da Thomas e soci.
Personalità e niente timidezze: Brandon Brown e l’ego smisurato
“Vivere con immensa e superba imperturbabilità”; sempre al di là, questo diceva F. Nietzsche. Rapportato al basket, i giocatori di personalità non cambiano faccia e pallacanestro neanche se glielo comanda il Papa. Brandon Brown ha portato sulle spalle un fardello grande come una casa e dai numeri inquietanti: 0/8 al tiro da due punti, abbastanza per consigliare il giocatore a fingersi difensore o a passatore scelto della squadra. Macchè, Brown ha una missione a Trieste ed è stato chiamato per essere uno dei due terminali principali, costi quel che costi; in tal senso il professionista non ha fatto una piega, si è preso due triple nel momento clou del match, infilandole con disinvoltura arringando poi il pubblico alla sua maniera. What’s the problem?
Raffaele Baldini (www.cinquealto.wordpress.com)
Lascia un commento