Magnanimi, i tre indizi e scelte con il senno di poi

Due squadre simili, Trieste però ha regalato la partita più volte

dvd-hara-kiriRecidivi e magnanimi, questi sono in sintesi i caratteri della Pallacanestro Trieste 2004 uscita con le ossa rotte da Forlì. Sia ben chiaro, si affrontavano due squadre dalla caratura simile, ma non identica: onestamente la compagine triestina, sulla carta, rappresentava un valore tecnico maggiore, perlomeno più completo nei ruoli, pur dovendo registrare l’assenza di un giocatore fondamentale come Daniele Mastrangelo. La Fulgor Forlì presentava un super giocatore come Saccaggi (anche se mono-dimensionale, non avendo il tiro da fuori), uno straniero onesto dal cognome nobile come Ferguson, e un’arma tattica filiforme da piazzare oltre l’arco dei 6,75, programmata per “uccidere” con i piedi per terra…..stop. Nella magnanima gestione della partita, Trieste ha avuto una colpa sopra le altre, di sanguinosa importanza: sul +12 e palla in mano nel terzo quarto, non ha saputo smorzare l’entusiasmo dei tifosi romagnoli, incanalando il match sui binari di una tranquilla gestione del risultato. Come si fa a non gettare alle ortiche cotanto vantaggio? Semplice, trovando falli e facili punti dalla lunetta, cercando a ripetizione Diliegro, oggettivamente un rebus per Cain e soci, imporre il controllo del ritmo; è stato fatto esattamente l’opposto…. Segno che la crescita nella mentalità dei singoli giocatori deve essere ancora acquisita.

Tre indizi nel basket fanno una prova, anzi, una sconfitta

La pallacanestro vive di situazioni, e mai come a Forlì ci sono stati tre segnali che, nei luoghi comuni per eccellenza, hanno lanciato il sinistro presagio della sconfitta.

  1. Tutti, e dico tutti gli esterni (mi sembra eccetto Tonut) triestini si sono prodigati nel tenere un palleggio in penetrazione di Saccaggi; risultato….nessuno, e tutta la partita le ficcanti incursioni dello stesso Saccaggi e di Ferguson hanno fatto male sia nell’attacco al ferro che in scarichi per tiri comodi da giocatore di golf di Crow e company. Primo segnale: se non tieni un palleggio difensivamente, sei morto.
  2. Vecchio adagio in salsa arbitrale: commissioni un tecnico all’allenatore di casa per proteste (onestamente legittime!), fai infuriare il pubblico di casa (a Trieste avrebbero squalificato il campo per intemperanze di questo tipo ndr.) e qual è la conseguenza sin troppo ovvia? Totale cambio nel metro di giudizio, alla squadra di Dalmasson vengono puniti i respiri e ai padroni di casa è concesso qualcosa di più. Secondo segnale: in arbitri mediocri, un fischio coraggioso può ribaltare il metro fino a quel momento adottato.
  3. In una situazione chiave della partita, l’immenso Diliegro fino a quel momento, riceve un pallone comodo in area pitturata che aspettava solo di essere recapitato nel cesto; nel furore agonistico (ma non atletico), il buon Dane decide di esagerare provando l’affondata, con il risultato di stampare la palla sul ferro. Terzo segnale: gol mancato, gol subito.

Scelte

Nessuno vuole sostituirsi a coach Dalmasson, ci mancherebbe….ma un paio di considerazioni sono da farsi in chiave tattica. La prima riguarda gli ultimi possessi del supplementare: il sottoscritto, giusto per prendersi responsabilità e per far capire che il giudizio col senno di poi ha valore zero, avrebbe agito diversamente. Sul +2 con libero realizzato da Diliegro dalla lunetta a una ventina di secondi da giocare, io avrei lasciato giocare diversi secondi l’attacco forlivese per effettuare un fallo tattico a 12-14 secondi dal termine; quale il motivo? Intanto metto pressione e costringo il giocatore a fare 2/2 (cosa non facile quando il pallone pesa un quintale), poi gestisco l’ultimo attacco con la tranquillità di avere perlomeno il supplementare in tasca. Ahimè, Crow ha avvalorato questa tesi insaccando la tripla della vittoria a 9” dal termine.

Poi il rebus Saccaggi; l’unico modo, secondo il mio modesto avviso, per fermare l’esplosivo play-guardia romagnolo, era escluderlo dal match, non farlo neanche ricevere adoperando un uomo preposto a tal scopo. Marcando quindi “faccia a faccia” tutto campo l’estrosa luce della squadra, e limitando il suo raggio d’azione, si spuntava almeno il 30% dell’attacco avversario in un sol colpo; 26 punti sono oggettivamente troppi.

Un’altra occasione persa per coinvolgere i propri tifosi

E’ stato facile fare i conti della serva: a vista d’occhio, sparsi nel palazzetto o raggruppati come tifoseria organizzata, a Forlì sono giunti sicuramente almeno una cinquantina di tifosi a supportare la squadra di Dalmasson. Tutti arrangiandosi con mezzi propri, di fortuna, con taxi; vista l’importanza della partita e il periodo festivo, la società avrebbe fatto un bel gesto di “avvicinamento” mettendo a disposizione un pullman da 50 posti (almeno), che avrebbe bruciato le prenotazioni in un amen. Non ci sono soldi? Purtroppo la “povera” società forlivese sostanzia che non può essere un alibi: lo speaker all’intervallo pubblicizzava la trasferta organizzata (con esborso molto limitato) in quel di Brescia….anche così si conquista pubblico e salvezza!

Raffaele Baldini (www.cinquealto.wordpress.com)

Pubblicato il dicembre 30, 2013 su HighFive, News. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.

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