Avete presente Beatiful, la soap opera della famiglia Forrester? Io no, ma arriva facile al nostro lato frivolo esistenziale la sostanza del prodotto: un matassa volutamente impossibile da sbrogliare, ingrandita da anni e anni di intrighi.
Bene, nulla, ma proprio nulla rispetto a quello che viviamo nel basket giovanile locale. Ci sarebbe da scrivere un libro (o su un libro nero, per essere precisi), ma il comune denominatore che galleggia nelle stagnanti acque giuliane è: dove ci sono soldi ci sono interessi, e dove ci sono interessi è più facile sporcarsi l’abitino. Qualcuno pensa che faccia il difensore delle vergini… lo farei volentieri, se ce ne fossero!
Tutto ruota attorno alla squadra che si va formando in seno alla Pallacanestro Trieste 2004, il gruppo U18 fortissimamente voluto da Mario Ghiacci. Un caleidoscopio con materiale umano di discreto livello, società diverse a “confronto” (o scontro), compromessi per vendere la questione meglio possibile a genitori e stampa. Se ne sono sentite e viste di tutti i colori, manovre di convincimento per “acquisire” uno o l’altro giovane (e qua mi sento di parlare trasversalmente), strategie sotterranee per ghettizzare una o l’altra realtà sportiva, addetti ai lavori che all’interno dello stesso sodalizio parlano lingue diverse. Alcune tavole rotonde andrebbero riprese per testimoniare un’imbarazzante spaccato di vista sportiva locale.
Se fossi un genitore di un giovane cestista, andrei dall’esorcista; anzi no, qualcuno pensa anche di inserirsi per dire la propria nella babele collaborativa… alla grande!
Siamo in una gerarchia degli opposti: l’interesse del ragazzo è all’ultimo posto, una sorta di merce dai valori più disparati, gestita con metodi di facchinaggio rivedibili. Quando una volta i grandi maestri come Franceschini, Pistrin, Stibiel, ecc. istruivano gli allievi, si occupavano dell’insegnamento cestistico e dell’educazione, nonché del profitto scolastico… ora, ci si preoccupa di cartellini, colloqui con società e cifre; certo, il mondo è cambiato, ma l’imbuto cosiddetto meritocratico creato nelle ultime decadi ha solo portato un evidente disamoramento per lo sport e ragazzini che abbandonano prima ancora di assaporarne il gusto.
Vi chiederete, ma perché tanto accaloramento dietro imberbi ragazzini? Beh, il solito sciame di api sul miele, quel miele ormai sempre meno sufficiente ma dannatamente libidinoso che sgorga dai rubinetti della Crt. E adesso me li vedo tutti scandalizzati da queste frasi, tutti a ricostruire per un attimo la famosa verginità, pronti a recitare il decalogo del buon dirigente.
Ho conosciuto in questi anni tanti, tantissimi addetti ai lavori encomiabili, animati da VERA passione e vittime di operazioni ai piani di sopra; ho conosciuto dirigenti dal carattere impossibile ma onesti, ne ho conosciuti altri dalla bella faccia ma storditi dalla bipolarità. Ne ho conosciuti alcuni poi che si sono travestiti da dirigenti per ottenere qualcosa.
Come in molti ambiti della vita, andate a cercare la sana volontà di fare pallacanestro nelle PALESTRE, fra due canestri, non in sale riunioni intrise di aria viziata o ancor peggio nei corridoi di qualche ufficio; credete solo a chi ha la maglietta sudata per correre dietro al giovane cestista, non chi rilassato tratta con il cartellino dello stesso; fidatevi di chi pensa e vive la pallacanestro senza chiedere nulla in cambio.
Raffaele Baldini
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