
Ho sempre pensato che un campione è (anche) quello che ha la capacità di ritirarsi al momento giusto. E lo fa in modo straordinariamente semplice: «Ciao a tutti, ho un messaggio per voi. Non ci sono modi facili per dirlo. Smetto di giocare a basket. Finisco con il basket giocato». Gigi Datome chiude la sua carriera agonistica con una prestazione da 16 punti in 14 minuti, 7/10 dal campo e 4 rimbalzi, nella gara 7 decisiva valevole per lo scudetto. Lo sguardo sereno di chi ha la lucidità per tagliare il cordone ombelicale con un meraviglioso e privilegiato percorso sportivo, la consapevolezza di avere una struttura tale da poter affrontare il domani con la stessa incisività adoperata sulle tavole parchettate. Datome è uno sportivo che non ha sprecato il tempo, ha corroborato il suo professionismo di influenze culturali svariate, si è immerso in più mondi con la curiosità di una mente fertile. Sempre con libro sottobraccio, un modo come un altro per evadere o per viaggiare introspettivamente nelle pieghe di un’esistenza dalle mille cromie, il miglior viatico per allargare la mente. Siena, Scafati, Roma, Detroit, Boston, Istanbul, Milano sono tappe così stimolanti da ispirare un uomo che declina in senso sportivo la propria personalità. L’irreprensibile comportamento sul parquet è figlio di una cultura superiore, del fatto di avere gli strumenti per capire situazioni, avversari, arbitri, tifosi. Con il suo ritiro Milano, la Nazionale Italiana e tutta la pallacanestro perde un illuminato, un punto di riferimento a qualsiasi latitudine. Gigi Datome è fra i pochissimi soggetti che meriterebbero un investimento, costi quello che costi, con un corteggiamento assiduo e che non conosce resa. Un uomo così serve al movimento, serve in Federazione, serve in Lega, serve nella stanza dei bottoni di un movimento appiattito e senza un respiro innovativo. Solo da soggetti così sensati e appassionati può venir fuori la rivoluzione che tutti ci attediamo, solo da chi è stato capace di crearsi un percorso virtuoso nella vita può avvenire quel salto di qualità necessario per svoltare. Sono convinto che il nativo di Montebelluna ha ben chiaro il futuro prossimo, ed è lesivo per quanto sopra detto, tirarlo per la giacchetta. Da appassionato di pallacanestro però, non posso che citare il filoso e psicoanalista Jaques Lacan il quale, metaforicamente, individuava nell’ uomo barbuto (Babbo Natale ndr.) il concetto di “desiderio” che alberga in tutti noi. Si, quel desiderio di un condottiero per la rinascita del movimento, coraggioso e deciso.
Intanto, grazie Gigi!
Raffaele Baldini
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