
Un bilancio azzurro?
Buono per il materiale umano a disposizione, sufficiente per il cammino (solo la Serbia rappresentava un ostacolo imponente), insufficiente per il finale… e non parlo della larga sconfitta contro gli USA, bensì per la morbidezza (anche negli intendimenti) con cui sono state affrontate le sfide a Lettonia e Slovenia, viatico per un possibile quinto posto che non regalava nulla ma che avrebbe dato notevole autostima al movimento.
Per buona pace di Nicolò Melli, Per cui nutro una stima sconsiderata, chi scrive non è tenuto a fare un quadro psicologico del gruppo, né esaltare il clima da “Mulino Bianco…pardon, azzurro” attorno all’istrione Poz; la serenità post-Repubblica Dominicana fa piacere ma si giudica il prodotto del campo, ahimè fa parte dei ruoli.
Mutuo un ragionamento fatto dal coach per farlo proprio, ma con sfumature diverse. Sono convinto che l’Italia avrebbe trovato terreno più agevole contro qualsiasi nazionale europea rispetto a quella statunitense nel quarto di finale; non dico che avrebbe vinto sicuramente, ma sarebbe stata un fastidio notevole. Sono altresì convinto che la sfida a Banchero e soci è nata sotto una cattiva stella, un… disallineamento dei pianeti. L’Italia ha agevolato gli USA non essendo istintiva e ragionando troppo, scommettendo esageratamente sulla loro possibile serata negativa al tiro da fuori, “spadellando” dall’arco senza prendere ritmo. Non avremmo MAI vinto, ma almeno chiuso dignitosamente si, magari anche con un finale equilibrato. C’è una vittoria occulta in questa pesante sconfitta: il rispetto che gli uomini di coach Kerr hanno riversato sugli azzurri, giocando alla morte e senza la consueta spocchia preventiva da “onnipotenti”.
Gianmarco Pozzecco? E’ e sarà sempre un fenomeno divisivo. Per mio conto è l’ideale e credibile soggetto per selezionare e compattare un gruppo che ha poche settimane per lavorare assieme. Empatico, carismatico, riesce e far divertire anche chi magari interpreta (sbagliando) la convocazione in Nazionale un “fastidio necessario”, riceve tanto da giocatori che si sentono apprezzati. Al netto degli eccessi, per cui non c’è neanche più l’effetto sorpresa, lo staff nella sua profondità è adeguato e colma gli eventuali “vuoti” tattici derivanti da troppa emotività. Ci stiamo riempiendo la bocca di uno come Luca Banchi… tutto splendido se non fosse che la progettualità in Italia non esiste, la crescita dal basso è mortificata e che ogni allenatore ha il timer tarato alla voce “risultati”.
Senza rivoluzione dall’alto non c’è proiezione verso l’alto, ci sarà un’altalena di posizionamenti che andranno dal quinto al decimo posto, sbilanciati verso l’alto o il basso a seconda che si riesca a naturalizzare qualche elemento valido sopra i 205 centimetri (senza genuflessione d’oltreoceano), sempre con il rosario in mano al momento dei sorteggi.
Abbiamo però una grande occasione, che ha un nome ed un cognome: Gigi Datome. Lasciamo che tracci una sua lettura di come il movimento può rinascere, senza invasioni di campo o condizionamenti. Con la sua esperienza da professionista di alto livello, che ha visto realtà diverse e assorbito una quantità tale di elementi, il “barba” può declinare un percorso a medio-lungo termine per uscire dall’anonimato. Ribadisco, Datome ha esperienza, cultura e CERVELLO per non aver bisogno di “stampelle” politiche, sfruttiamo un illuminato per non trovarci poi ad essere dei reietti abbandonati a se stessi.
Raffaele Baldini
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