Violenza confusa per intensità in serie D?
Ricevo e pubblico una lettera di genitori che hanno un figlio giovanissimo militante anche nel campionato senior di serie D. Non è la prima lamentela che mi arriva, con un comun denominatore: l’intensità oltre il limite.
Mio figlio gioca da questa stagione in una squadra, under 18, che partecipa anche al campionato di serie “D”. Fin dalla prima partita, in questo campionato, l’ intensità agonistica è stata esasperata, rispetto ai campionati disputati in precedenza e rispetto al campionato under 18 eccellenza. Alcune settimane fa un ragazzo, durante una partita del medesimo campionato, a seguito di un contrasto di gioco è caduto a terra perdendo i sensi, con successivo ricovero in ospedale per accertamenti e dimesso con la diagnosi: frattura composta sull’arcata orbitale. Questa settimana durante una partita disputata a porte chiuse, mio figlio in un’azione di gioco veniva colpito da un avversario con una gomitata, sopra l’occhio destro. Portato all’ospedale per tutti gli accertamenti gli veniva effettuata una visita neurologica e la ferita veniva ricucita con ben sette punti di sutura. Episodi come questi non dovrebbero verificarsi e tutti i soggetti coinvolti ad ogni livello dovrebbero operare affinché ciò non accada sui campi di gioco. Va infatti rimarcato che questi episodi, sicuramente eclatanti, non sono il frutto occasionale, ma il risultato di partite dove l’agonismo è troppo inasprito , dove i contatti, diciamo così, ruvidi sono la regola e non l’eccezione. In questo contesto, a rimetterci sono ovviamente gli atleti più giovani. Mi auguro che questo mio intervento possa aprire una riflessione, che porti a delle proposte concrete per trovare dei rimedi. Non si vuole assolutamente indicare una società o un giocatore colpevoli di questo o quell’episodio, tutte le società iscritte sono ugualmente coinvolte e in questa stagione quasi tutte le partite hanno avuto una vis agonistica eccessiva. Chiedo quindi un intervento importante da parte dei soggetti implicati, quali dirigenti, allenatori, arbitri, per riportare nel mondo del basket, di cui fanno parte anche le categorie inferiori, quelle regole e quei valori sui quali lo sport è fondato.
Il mio personale punto di vista, figlio di tanti campionati disputati fra serie D Promozione, è che c’è un chiaro equivoco venuto a galla negli ultimi anni. Una volta i sopra citati campionati erano prerogativa di giocatori maturi, verso la fine della carriera, inclini a darsi battaglia su un parquet a colpi di giocate d’esperienza, sia a livello di contatti che a livello tecnico. Oggi invece la serie D è una valvola di sfogo per dare continuità al settore giovanile di alcune società senza prima squadra o comunque una palestra per far le ossa a imberbi cestisti. Uniformare fisicità diverse, si può trovare un linguaggio comune per due realtà agli antipodi come i mestieranti e giovanissimi? Non è possibile. L’unico viatico, che può essere un consiglio, è quello di rendere più fiscale il metro arbitrale, evitando così che le partite diventino corride senza esclusione di colpi. In questa maniera la pallacanestro non verrebbe vilipesa e verrebbero limitati scontri fisici oltre il lecito. Il compromesso etico quindi sarebbe il seguente: i giovani accettano lo scotto dello scontro fisico per strutturarsi e i vecchi marpioni stemperano la foga adeguandosi al metro arbitrale.
Raffaele Baldini
Pubblicato il aprile 6, 2019, in BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag Raffaele Baldini. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.
Dispiace per gli ammaccati e pronta guarigione.
aggiungo una cosa i campetti sono molto piu vuoti di un tempo e li i giovani imparavano a darle indietro con gli interessi fra un lopez un piede pestato e venti di guerra