Il “moonwalker” di Paolo Banchero

Fonte: Superbasket.it a cura di Raffaele Baldini

Non credo ai viaggi della speranza, men che meno ai pellegrinaggi sportivi. Come ritenevo assurdo illo tempore che una delegazione federale vada a genuflettersi di fronte ai “big” della NBA quali Bargnani, Gallinari, Belinelli, ecc., trovo altrettanto stucchevole quello che andrà a fare Pozzecco alla corte di Paolo Banchero.

Il mio ragionamento è scevro da romanticismi inutili, capisco benissimo che oggi un giocatore NBA è un impresario e quindi fa il bene della sua azienda unipersonale; capisco ancor meglio che l’argent (il motore dell’economia) arriva dalla franchigia o squadra di club (per gli esponenti militanti nell’Eurolega). Posta questa premessa, derubricare un rifiuto alla Nazionale da parte di un atleta è esercizio contemporaneo divenuto prassi (o quasi), purtroppo.

Quello che non riesco a capire è il senso recondito di una chiacchierata di visu negli States. Cosa c’è da ricamare rispetto ad una chiamata in Nazionale? Quali profondi ragionamenti devono essere instillati rispetto alla storia che la maglia azzurra si porta appresso (protagonisti compresi)? Serve effettivamente che un docente di empatia come il Poz debba “elemosinare” trasporto per qualcosa che è infinitamente unico? Considero questa procedura uno svilimento per il movimento, preferisco pensare che ogni singolo individuo espliciti la forma etica e morale senza “aiuti” esterni, segua cioè genuinamente il percorso scelto. Anche perché, l’abbiamo visto con tinte forti, una generazione di “coccolati” non ha prodotto quello che invece sono stati in grado di fare “normali” professionisti senza l’aura onnipotente del marchio NBA appresso.

Reputo che la vicenda Nazionale Italiana di basket possa essere circoscritta a pochi passaggi, muti: convocazione, emozione da condividere con chi ti è vicino, desiderio di lasciare un segno nella storia al proprio passaggio. Punto.

Scrissi questo pezzo nel Novembre 2022, quando Pozzecco e tutto l’entourage azzurro si preparavano ad andare negli States a trovare Paolo Banchero e family. Al di là della sana invidia per chi può viaggiare, tessere relazioni come obiettivo di lavoro e registrare un’empatica risposta del ritrovo fra paisà, duole rimarcare il più antipatico “come volevasi dimostrare”. Il Banchero pre-stagione NBA si fotografa con la maglia azzurra, sparge miele in ogni dove e a momenti esterna il proprio entusiasmo con forte accento ligure per dare ancor più credibilità al tutto. E tutti a sbrodolare ottimismo, facendo i finti tonti su un legame con il tricolore che è un filo interdentale (forse, e meno resistente), guardando quei meravigliosi 208 centimetri come si ammira una bellezza della natura rara. Oggi ci svegliamo meno “umidi”, ci rendiamo conto che ormai le nazionali sono un mercato vero e proprio, alla stregua di quello dei club, con interessi plurimi legati all’azienda del campione di turno. In questa cinica giostra ci si può salire con ingenuo entusiasmo, consci però di spegnere il sorriso alla fine del gettone.

Attenzione, Banchero non ha detto che non giocherà con la Nazionale italiana, ma rileggendo la cronistoria delle sue dichiarazioni a riguardo, sembra stia indietreggiando con un ottimo “moonwalker” di jacksoniana memoria.

Staremo alla finestra, esattamente come il Poz e Petrucci, ma senza aver fatto un bel viaggio negli States.

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Pubblicato il aprile 6, 2023, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., HighFive, News con tag , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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