Presa di coscienza

Partiamo da un assunto: se non riesci a gestire un vantaggio di oltre 20 punti, non sei in grado di andare in serie A. Non è una questione di rotazioni corte, forse neanche di gestione tecnica; se nei momenti caldi butti via palloni come quello di Deangeli e Candussi, vuol dire che non hai la freddezza e il cinismo di chi fa la cosa giusta nel momento giusto, in pratica la differenza fra arrivare in semifinale o finale playoff e vincere il campionato. Un altro aspetto incontrovertibile: il gioco spumeggiante del primo tempo, sorretto da percentuali irreali da tre e velocità d’esecuzione, ha un grado di dispendiosità notevolissimo. Siamo sicuri che ai playoff giocatori sopra i 30 anni saranno in grado di tenere questo ritmo per quaranta minuti, pur con rotazioni a dieci giocatori? Ok, stiamo facendo l’opposto di coach Christian, stiamo vedendo il bicchiere mezzo vuoto. Ma non sarà un caso che tanti immaginavano che i nodi sarebbero venuti al pettine proprio nella trasferta di Cento. C’è ancora troppa fragilità strutturale, l’impianto di gioco sta cambiando forma di settimana in settimana per quanto riguarda l’aspetto offensivo, difensivamente rimane insufficiente. In questa situazione è logico andare a sprazzi, ma non può essere una soluzione quella di aggrapparsi ad un fenomeno per la categoria come Justin Reyes. E’ un paradosso, ma per il bene di Trieste meglio aver perso per guardarsi dentro, piuttosto che vincere magari con una tripla di tabella di Brooks e qualche altra azione casuale, e rimandare il problema.

“Amo allenare questo gruppo”

E’ più o meno la sintesi di 40 interventi del coach pre, post partita. E’ sicuramente una comunicazione nuova, molto americana, ma non aiuta a capire realmente come l’allenatore vuole risolvere le problematiche; ci piacerebbe capire che lettura tecnico/tattica da a questo inizio di stagione, quale potrà essere il lavoro da svolgere per limare le problematiche. Attenzione, perché i sorrisi e il piacere di stare in palestra stanno un attimo a diventare fastidi quando ci si allena con la sconfitta nel groppone. Nel campionato di serie A2 serve tanta conoscenza, e non parlo del solito Caja, si può dire altrettanto anche di compagini di medio cabotaggio come la Piacenza di coach Salieri, timoniere mai inadeguato. Caro coach Christian, aiutaci a capire se sei l’uomo giusto alla guida della Pallacanestro Trieste.

Filloy e Campogrande. Ci fate sapere qualcosa?

Lo dico per i parenti dei giocatori… ci fate sapere qualcosa di come stanno? Sperando che non sia una puerile questione di pretattica, perché in questo caso rasenteremmo la barzelletta, sarebbe rispettoso nei confronti degli addetti ai lavori, degli appassionati, dei parenti far sapere lo stato di salute degli atleti. Ci hanno sbandierato la grande attenzione per la comunicazione, ma qui non ci siamo spostati di una virgola rispetto al passato. Roba da giornalisti mestruati? Può essere, ma anche questi sono elementi che aiutano alla comprensione della storia di una stagione o di una singola partita. Anche perché, soprattutto nel caso di Ariel Filloy, la sua presenza a Cento, la sua esperienza, probabilmente avrebbe condotto Trieste a una gestione dei palloni meno ingenua.

Justin RE…yes

Una prestazione pazzesca di Justin Reyes. Lasciate perdere i 30 punti, i 18 rimbalzi (di cui 7 offensivi), il portoricano ha fatto vedere TUTTO quello che si può vedere su una metà campo d’attacco (anche perché la difesa è migliorabile ndr.). Soluzioni fuori equilibrio, mettendo il corpo sul difensore, tiri dall’arco e in “fade-away”; l’oro di Trieste è proprio nella qualità infinita di questo giocatore, forse anche abbinata a quella di Brooks… scelte felici estive di Mike Arcieri. Ora il punto è che Trieste non dovrebbe aver bisogno di un “one man show”, la decantata macchina a dieci cilindri presuppone una responsabilità distribuita, altrimenti siamo alla stregua di una squadra di medio/piccolo cabotaggio che spera nelle magie dei due stranieri.

E poi tutto quanto ha un senso relativo…

E poi arrivano quelle notizie che fanno scivolare in terzo, quarto, centesimo piano lo sport, il senso della vittoria e della sconfitta, le chiacchiere fra due canestri. La morte del giovane 24enne Samuel Dilas, giocatore di Lumezzane, lascia sgomenti. 206 centimetri, un ragazzone che non aspettava altro che la sua occasione per sbarcare nel basket che conta, un giovane che a quell’età non doveva fare altro che cavalcare i propri sogni. Ed invece c’è sempre un avversario che non puoi combattere, che non puoi arginare, anche se sei grande e grosso… soprattutto c’è un vuoto nel “post partita” che non sarà mai colmabile, perché non c’è una rivincita possibile. Un forte abbraccio ai famigliari.

La Fortitudo Bologna

Ora arriva la Fortitudo Bologna di coach Caja e della “Fossa”, e qui non occorrono altre parole per presenziare domenica al palazzo.

Raffaele Baldini

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