Il punto più basso della stagione…

Arrivi da un sentitissimo derby perso con l’Apu Udine, devi far quadrato attorno all’assenza del tuo giocatore più forte, hai alle porte un nuovo derby con tantissimi tifosi al seguito… e confezioni una partita del genere? Scoramento, imbarazzo sono alcuni stati d’animo respirati alla sirena del quarantesimo minuto del PalaGesteco. Ti alzi in piedi ad applaudire una squadra che aveva “fame”, che voleva vincere a tutti i costi, allenata benissimo in un ambiente straordinario; di fronte un’accozzaglia di giocatori sulle gambe (!), privi di indicazioni tattiche, totalmente svuotati di amor proprio. Onestamente la sensazione è che con l’infortunio di Michele Ruzzier la scure si sia abbattuta su Trieste, una sorta di colpo alla nuca per non far soffrire più l’ambiente. La coperta diventa filo interdentale, il mercato e le regole del campionato non presentano valide soluzioni di aggiustamento, la stagione è troppo avanzata per trovare un tecnico in grado di rivoltare come un calzino l’assetto tattico di questa squadra. C’è un altro aspetto rimarchevole, in senso negativo: per la prima volta il gruppo volta le spalle al coach, si vede dal linguaggio del corpo, si vede dall’uscita dal campo anticipata di coach Christian al saluto finale della squadra, si vede da richiami di Christian verso la panchina senza sortire risposte. Il “mental-coach” mi sa che ha saltato qualche capitolo del “sacro testo”, ma soprattutto non tutti i testi possono essere adattati a situazioni e latitudini diverse. C’è anche un capitolo “salvagente”?

E la triestinità?

Temo che ci sia riempiti la bocca per troppo tempo della parola “triestinità”, un pigro luogo comune che accomoda situazioni complesse. Il professionismo (o semi-professionismo come in questo caso) rifugge da concetti legati alla sfera sentimentale, troppo spesso si è confuso l’ “amor di maglia” con il profondo rispetto per il proprio lavoro. Il signor Eugenio Rota non è stato animato da “cividalesimo” spinto, bensì da quel “sacro fuoco” che porta un normo-dotato di 178 centimetri a fare la differenza su un campo di serie A2; sento ancora il fiato per le urla del giocatore ad ogni giocata importante, così come quelle di Dell’Agnello, di Lamb…insomma di chi ha svolto 40 minuti da professionisti seri. La “triestinità” come la spieghiamo a giovani cestisti? E’ la passiva accettazione di un tracollo? E’ l’encefalogramma piatto dello stare sul parquet? Che senso ha ancora investire su un qualcosa di etereo, anacronistico e che, in alcuni casi, può essere controproducente?

L’eredità “inquinata” dello scorso anno

Non volevo crederci, eppure comincio a pensare che qualcuno aveva ragione. Giocatori retrocessi portano con sé una inconsapevole dote di “scorie” pregresse, non so se più psicologiche o tecniche. Fatto sta che Bossi, Deangeli, Campogrande (meno Ruzzier) sono cestisti fragili, evidentemente non sono riusciti a trasformare la delusione sportiva in sana rabbia agonistica. Non ci riesce il “mental-coach”, non riescono i soggetti (peraltro estremamente intelligenti come ragazzi), unica via vedo la disintossicazione fuori dall’ambiente giuliano.

Cosa fare?

Così come sta la squadra è impacchettata con il fiocchetto per regalare l’alibi perfetto alla società e all’allenatore. Senza i due giocatori più importanti, con un mercato asfittico, il lungo finale di stagione può essere solo un prosaico esercizio filosofico, per dirla alla Tognazzi…una supercazzola infinita. Rimane il fatto che Ferrero su Miani, Brooks dimenticato in panca per minuti e minuti, nessuna variante tattica difensiva (“zona”?), la versione prendi e tira da tre punti diventa una galleria degli orrori che sfiora la provocazione. Si potrebbe però avere un sano senso critico e sostituire il coach, magari con Marco Ramondino, non con il principio di salvare questa stagione, ma di programmare prima la prossima. Serve trovare un giocatore di rinforzo a prescindere dal ruolo o dall’inserimento nello “scacchiere tecnico/tattico” (le virgolette hanno importanza ndr.), per dare un senso al prosieguo.

Raffaele Baldini

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