Sapevo perfettamente di sollevare sdegnati commenti sul concetto di “buona sconfitta” post Cantù, ma certe volte andare controcorrente mi riconcilia con il concetto di libertà intellettuale. Per sostanziare il concetto di “buona sconfitta” bisogna partire da quello di “cattiva vittoria”, riferite a quel fuorviante filotto iniziale che ha coperto tutta una serie di magagne, strutturali e tecnico/tattiche, della Pallacanestro Trieste. La “cattiva vittoria” è quella che, al di là dei due punti, ti distrae, non ti sbatte in faccia una realtà utile su cui lavorare, è il classico consiglio sbagliato per uscire di strada. La “buona sconfitta” invece è un punto di partenza, elementi di cambiamento, con riscontro positivo, performanti alla costruzione di una risalita. E’ ovvio che nella sconfitta c’è già un macro aspetto su cui intervenire, cioè il cinismo per portare a casa il successo in un match punto a punto; la rimessa data a Cantù a 35” dal termine sull’ 89-87 poteva essere l’occasione propizia, negata (incomprensibilmente) da una terna arbitrale. Speculare sui presunti torti arbitrali fa parte però del pensiero debole, quello scritto nel “sacro Graal” degli alibi. La “buona sconfitta” poi deve essere contestualizzata nel momento storico in cui è avvenuta; parlare di “6 sconfitte su 7 incontri” come elemento dissuasivo non è operazione corretta, in quanto i 40 minuti di Desio non potevano a prescindere cambiare quanto successo precedentemente. Ecco, vengono giudicati i 40 minuti, come prima “seduta fisioterapica” dopo un forte trauma. E’ pensabile per un paziente che si è rotto una gamba (vedi baratro sportivo), riprendere a correre dopo la prima ora di riabilitazione? No, può solamente salire il primo gradino di una irta scala verso la guarigione. Intraprendere un lungo percorso di rinascita è concetto antitetico all’ “accontentarsi” di un quinto posto in classifica. La prestazione di Filloy e soci contro Cantù è il primo scalino fatto in salita, non in discesa. Infine, quello che differenza una “buona sconfitta” da una casualità: la costanza. Se con Agrigento non verrà fatto il secondo step di crescita, allora si che i quaranta minuti di Desio saranno una casualità, qualcosa dal peso specifico nullo che non sposta di una virgola l’inconsistenza della squadra vista nelle ultime settimane.

Raffaele Baldini

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