Come la mettiamo?

Ormai siamo a livelli di una suocera che critica la nuora anche per come cammina. La Pallacanestro Trieste è sicuramente la nuora, che gioca bene a Desio ma non vince, che vince ma gioca male con Agrigento, che viene accompagnata dal ritmo assordante del dj, che veste brutte divise, che non saluta i tifosi e, se li saluta, lo fa con la mano sbagliata. Insomma, la squadra ritrova la vittoria, vince di 16 punti senza Reyes e Campogrande, eppure fra i 3000 del Palatrieste (nota lieta ndr.) sembrano esserci degli insoddisfatti cronici. Pregresso pesante, certamente, orizzonti che non schiudono troppe velleità di salto di categoria, gestione societaria piuttosto statica che non ha scosso, in senso positivo, l’ambiente. Però insisto nel dire che vivere di preconcetti non è un bel vivere, foderarsi gli occhi di una patina di negatività toglie quel senso equilibrato di critica che risulta nettamente più performante ai fini del dibattito sportivo. Quindi? Si può dire senza ombra di dubbio che Trieste ha giocato il quarto più brutto della stagione (il primo), ha costruito i presupposti di rimonta nel secondo, ha messo a posto la chiave difensiva nei secondi venti minuti, traendo giovamento per un attacco non certo brillante ma ispirato. Rimanendo alla famosa lunga scala gradonata verso la gloria, forse si è superato quel secondo step, nulla più. Probabilmente è vero che rimarrà sempre quel senso di precarietà nel gruppo e nello staff tecnico, non colmabile con il rientro di Reyes, per cui l’obiettivo mi sembra chiaro in proiezione: trovare un innesto italiano che faccia la differenza e partire a fari spenti quale outsider nei playoff. Tutto il resto sono sogni bagnati…

Giovanni “Wild”era!

Come rappresentare con un cestista la serie A2? Detto fatto, Giovanni Vildera è il manifesto. Barba da guerriero vichingo, fisico scolpito, non eccelso tecnicamente ma dotato di una intelligenza superiore alla media, mentalmente uno che a cospetto Ibra sembra un pulcino spaurito. Giovanni Vildera ha “morso” la stagione esattamente come aggredisce il ferro; ha chiesto un confronto con staff tecnico e dirigenziale, ha educatamente alzato la voce per garantirsi minutaggio, ha dimostrato che il suo pensiero aveva diritto di cittadinanza in virtù delle prestazioni successive. Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta, e Vildera è un vincente (e davanti agli occhi di un certo Dalibor Bagaric, campione visto in maglia Fortitudo Bologna).

Tonicità latente

Sono d’accordo con l’amico Carlo Fabbricatore, al gruppo allenato da coach Christian manca certamente tonicità; aggiungo, tonicità abbinata all’atletismo. Continuo a vedere brani di partita in cui il dinamismo di Filloy e soci è totalmente insufficiente per la categoria, uomini persi difensivamente dopo il primo palleggio, “aiuti” difensivi giunti con un altro fuso orario. Su questo puoi lavorare in eterno in settimana ma non ne vieni fuori; unica via è trovare una difesa di squadra che, fra esperienza e coesione, copra le magagne di cui sopra. Continuo a non capire come mai coach Christian non attinga alla “zona”, spesso una chiave plurima per mascherare alcuni problemi, far pensare l’avversaria, salvaguardare i falli. La difesa a “zona”, come insegnano i maestri, non sarà mai un’espressione passiva, però può essere declinata in modi efficaci da uomini intelligenti e di esperienza.

Raffaele Baldini

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