Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini

“Home sweet home”, la Pallacanestro Trieste si è procurata la miglior occasione per godere appieno del rientro fra le mura amiche. Gara 3 dei quarti di finale, vantaggio sul 2 a 0, la possibilità di chiudere i conti. Occhio però all’orgoglio di Torino.

Farsi trascinare dall’ambiente, alzare i ritmi

Ci sono momenti in cui, in mare aperto, puoi lasciarti trascinare dalla corrente, perché ti porterà nella direzione giusta. Ecco, il probabile caldo abbraccio del Palatrieste deve diventare la “corrente” che spinge alle spalle di Ruzzier e soci, per aumentare i ritmi di fronte ad una Torino giù di corda, sia moralmente che fisicamente. Alzare i ritmi vuol dire correre, avere più possessi, trovare soluzioni semplici e dinamiche sia per i lunghi che per i tiratori. Qualora la serata regalasse ispirazione balistica, Trieste potrebbe divertirsi e ottenere il passaggio alle semifinali, con conseguente entusiasmo per la piazza.

Chi limitare e perché

Paradosso: il lungo Poser può continuare a dominare ma non sarà mai uomo che fa vincere da solo Torino. Come già sottolineato in sede di pre-serie, è molto più importante per Trieste non alimentare i leader naturali del gruppo, cioè Vencato, Pepe, De Vico e Kennedy. Su questi pilastri poggia l’inerzia torinese, quella che può generare folate pericolose, quella che trascina il gruppo.

Chi lasciare fuori?

Lasciare fuori Luca Campogrande leggendo la serie con Torino con coerenza, oppure sfruttare la posizione di vantaggio per calarlo nell’atmosfera della post-season? Leo Menalo è importante tatticamente, Lodo Deangeli a livello difensivo e Giancarlo Ferrero per esperienza. Non facile come scelta, di certo sarebbe un errore considerare Campogrande una zavorra…può spaccare in due qualsiasi partita.

Applausi per coach Ciani

Non è una “chiave” ma un auspicio. Franco Ciani merita la giusta considerazione da una piazza competente, per una stagione importante a Trieste, mortificata, in parte, da un addio improvviso, quello di Juan Fernandez. Nessuna “discriminazione territoriale”, solo riconoscimento di un lavoro svolto, da un uomo di livello.

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