Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini

Giudicare un percorso come una mera valutazione statistica, sarebbe riduttivo. Nei numeri però c’è la metamorfosi di un gruppo, di uno staff tecnico, che ha cambiato pelle nella post-season. 8 vittorie consecutive, di cui 6 in trasferta. Volete qualcosa di più esaustivo? 320 minuti giocati, con la Pallacanestro Trieste sopra nel punteggio per 297.23 minuti, sotto 22.37, di cui 17.52 contro la Reale Mutua Torino, 1.34 contro la Unieuro Forlì e (per ora) 3.11 contro Cantù. 562 punti subiti per 70,2 punti a partita, numeri leggermente differenti da quelli della fase “ad orologio” (4 vinte e 6 prese ndr.) che registravano 80 punti per match. La fase difensiva è il propellente con cui coach Christian e staff ha registrato la squadra, chiudendo l’area puntualmente, leggendo con maggior acume i punti deboli delle avversarie. Questo aspetto rende plasticamente l’idea di come non fosse per forza necessario abbinarlo ad efficacia balistica in fase offensiva: 80.9 punti segnati a partita nei playoff, contro gli 84.6 della fase “ad orologio”. Quello che cambia sono le scelte di tiro e come sono state confezionate. Non cambiano infatti le statistiche né sul tiro da due (55% orologio e 52% post-season) né dall’arco dei tre punti (34% orologio e 31.6% post-season), cambia in maniera sensibile come sono stati costruite le conclusioni, con movimento di palla e uomini, mettendo in ritmo i tiratori e su un evidente grado di incisività nei momenti che contano. I playoff sono costellati di singoli canestri dalla (mani)fattura di livello, da Ariel Filloy per finire alla tripla di Francesco Candussi, passando per il Justin Reyes onnipotente di gara 2. C’è un incremento dei playoff, seppur non clamoroso della voce “rimbalzi”, per cui Giovanni Vildera è un docente; 38.4 carambole a partita nella pessima fase “ad orologio”, contro i 40.7 della post-season, anche questo segno inequivocabile di una squadra famelica, votata a gettarsi su palloni utili per secondi e terzi possessi. Altre statistiche sono molto simili, ma ancora una volta è il livello di attenzione quando conta, la concentrazione con cui sono state date le stoccate decisive. Oltre a questo esercizio statistico, c’è tanto altro, forse la parte più decisiva: la coesione all’interno del gruppo squadra e l’unitarietà di intenti ha fatto la differenza. Eclatante vedere le avversarie come palesassero scollature evidenti rispetto ai biancorossi triestini, soprattutto Forlì e Cantù. Manca l’ultimo gradino, quello decisivo, la conclusione della rivoluzione più clamorosa della storia vissuta fra due canestri.

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