Istinto e razionalità

Provate a chiedere ad un tifoso qual è il miglior modo di vincere un derby; vi risponderà convintamente giocando male, segnando una tripla di tabella all’ultimo secondo. Per cui, ci sono dati per considerare diversi orgasmi multipli, anche fra i maschietti, sotto le volte del Palatrieste. C’è poi la riflessione a bocce ferme e dopo aver fatto “riemergere” Brooks dai festeggiamenti. E quello è un capitolo ahimè doloroso. In primis perché duole vedere una macchina a 10 cilindri… che ne sfrutta 7, con Bossi, Campogrande e Ferrero a fare da comparse nel “sistema” di coach Christian (senza neanche tirare!); questo sbugiarda una strategia chiara estiva di mercato e non monetizza la distribuzione degli sforzi in vista della lunga stagione. Se la difesa evolve, l’attacco è un disastro totale, con spaziature drammatiche (tre giocatori nel raggio di un paio di metri), poca fluidità e isolamenti improbabili; in questo modo non viene esaltata la caratteristica di un giocatore che sia uno, forse del buon Candussi che in ricezione profonda sa cosa fare dall’alto dei 211 centimetri, o nel “pick and pop” con tiro da tre punti. Di solito si dice che una vittoria di questo tipo può cambiarti la stagione… in questo caso non sono d’accordo.

Guardandosi allo specchio

Devo essere sincero, mi aspettavo una Apu Udine più equilibrata, più centrata. La compagine di Vertemati non ha dimostrato tanto di più di Trieste, dovendo registrare la seconda prestazione da “triestino mascherato” di Da Ros e un’impalpabile Delia. Il reparto esterni friulano è eccellente, Monaldi e Caroti, pur non essendo penetratori, hanno mani educatissime, Clark sa far male in tanti modi; quello che sembra essere l’anello debole è proprio Delia (Vedovato molto meglio); l’argentino è troppo statico per una categoria di questo tipo, lento sia in attacco che in difesa, il probabile primo indiziato ad un taglio (e Udine il visto americano può ancora giocarselo). Al di là di questo, guardando in proiezione, la squadra di Vertemati ha più senso.

Se il gioco triestino è fatto di letture, vietato avere analfabeti

Si è parlato tanto del sistema offensivo voluto da coach Christian (ah questo “sistema”… quanto ci perseguita), caratterizzato dalle libere interpretazioni, ovviamente legate a letture cestistiche secondo difese avversarie. O parliamo di un manipolo di analfabeti, o c’è la necessità di codificare meglio queste “libertà”. Esempio lampante: Lodo Deangeli in campo gli ultimi tre minuti, ANCHE NELLA FASE OFFENSIVA, è una lettura sbagliata del coach, anche perché non il capitano non è certo una sentenza ai tiri liberi, la scelta di tirare da tre punti di Deangeli (di norma giusta con metri si spazio) è una lettura sbagliata del giocatore… e parliamo di un momento clou della partita.

C’è un fondo di carattere…

Delle volte si da per scontato, ma non lo è. Questa squadra non si può dire che non abbia carattere. Prima della doppia sfida con Piacenza e Udine, con Reyes a Portorico e un clima ostile attorno, con tutto quello che ne consegue a livello di autostima, probabilmente sarebbe stato più facile assistere a due rovesci (come molti pronosticavano). Invece il gruppo ha preso “ceffoni” durante queste sfide, ha barcollato ma senza andare al tappeto, per poi sferrare il “pugno del ko” al momento giusto. Forse la prestazione di Brooks è un po’ la sintesi di quello che scrivo, evanescente per buona parte del match, assoluto protagonista con due canestri decisivi.

Con un pubblico così, difficile vincere a Trieste

Lo metto per iscritto, con un calore e un numero di spettatori così, Trieste perde pochissime partite in casa… forse nessuna. Troppa energia sprigionata dalla Curva Nord, troppo trascinamento che crea un’onda d’urto in grado di sollevare da terra un Reyes esausto, di rianimare Brooks, di difendere quel secondo in più che decide un derby. Non c’è niente da fare, in uno sport al chiuso come la pallacanestro, in arene così, le componenti “indice di riempimento” (e via di ironia…) e decibel fanno la differenza. E’ chiaro che il gioco è la madre di tutte le variabili per determinare una vittoria o una sconfitta, ma il Palatrieste caldo è qualcosa di unico… non lo dice un triestino, lo dicono TUTTI gli addetti ai lavori venuti sotto le volte lamellari dell’impianto di Via Flavia.

Raffaele Baldini

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