
Quel pensiero che ti fa dire: “Wow, che squadra!”
Ho avuto tre orette e mezza di viaggio per elucubrare ragionamenti, domande e risposte (almeno quelli Salvini non me li può togliere guidando) per una disamina post Reggio Emilia. In realtà poi è stato mettere assieme dei pezzi come in un puzzle, tanti micro aspetti che rendono credibile il fascino del gruppo forgiato da coach Christian e ideato/realizzato da Mike Arcieri. Fondamentalmente penso che il comun denominatore sia la “fame” e la personalità di uomini, chi nato con le stimmate di leader come Markel Brown o Jeff Brooks, chi maturato in un percorso esponenziale come Francesco Candussi. Allora ho delle istantanee molto chiare: il finale di partita di Scafati di Uthoff, quel tuffo di Markel Brown sulla linea laterale contro Pistoia, la stoppata con recupero di Brooks a Reggio Emilia, così come il finale di partita di Ross. Sono solo alcuni esempi di come giocatori normo-dotati non avrebbero mai neanche pensato di fare quei gesti atletici, perché obnubilati da performance personali sottotono, per istinto fisico di sopravvivenza ad una carriera sportiva non troppo lunga, perché magari nella loro testa “normale”, non è una giocata degna di essere lottata, di essere conquistata. Invece tutti i giocatori in canotta biancorossa sembrano uomini in missione, capiscono il valore di ogni singola azione quale primo grandino di una scala verso l’Olimpo. A Trieste siamo impressionati perché c’è stata una costellazione di “mezzi giocatori” (con tutto il rispetto), intendo dire atleti che mancavano in quegli aspetti silenziosi, subliminali ma che ti fanno vincere le partite (e in alcuni casi anche le stagioni). Esempio lampante? La superficialità con cui è stato gestito il finale di stagione, quello della retrocessione, un fottuto punto che poteva e DOVEVA essere conquistato con un tuffo in più, uno “scivolamento” difensivo o una serata in meno in Via Torino. Trieste è città di basket e percepisce in fretta l’argento vivo che si cela dietro ad un nome o ad un curriculum; la passione è tornata, così come il palazzo pieno, quando si è da subito vista la qualità umana e cestistica degli attori, sorprendendosi di quanto un GM possa setacciare con costrutto in territori lontani (Jarrod Uthoff ndr.). In ultima battuta proprio l’elemento con cui ho creato orchiti gli anni scorsi: un General Manager è valore aggiunto nella scelta dei giocatori, nel controllo del gruppo durante l’anno, nel metterli nelle condizioni di giocare la loro migliore pallacanestro partendo da un benessere interiore; in questo Michael Arcieri è l’eccellenza, così come penso non sia trascurabile, da questo punto di vista, il valore di Jamion Christian.
Triestini… on the road
La passione ritrovata fra due canestri in terra giuliana non ha più i confini naturali del Palatrieste (secondo pubblico in Italia!), ma sta esondando ben oltre la provincia. Ha colpito certamente l’orda barbarica che ha invaso Treviso qualche mesetto fa, ma è ancor più rimarchevole i tantissimi tifosi che hanno raggiunto l’Emilia Romagna con ogni mezzo. Non è quindi solo Curva Nord, per cui si parla ormai di eccellenza lungo lo stivale (e ne vedo di curve e di palazzetti ndr.), in un nomadismo alcolico (si scherza), bensì da tante famiglie che hanno partecipato alla sfida di sabato sera sulle tribune del PalaBigi. Ben oltre il centinaio di supporters biancorossi, per sette/otto ore di strada che non sono mai una passeggiata di salute, segno tangibile che c’è la voglia di vedere i propri beniamini “live”. Ora alla “Scala” del basket, il Forum di Assago contro l’Olimpia Milano, ennesima occasione per guardarsi intorno e ringraziare il cielo di essere tornati nella massima serie. Buon viaggio a tutti…
Raffaele Baldini
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