Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini

Il derby triveneto fra Trieste e Treviso non è una questione territoriale, ma di nobiltà cestistica. Le radici, la tradizione e gli incroci negli anni, hanno dato alla sfida un sapore particolare. Non si può analizzare il match dal punto di vista tecnico/tattico di domenica pomeriggio se non si comincia a valutare le assenze di casa Trieste: Colbey Ross e Denzel Valentine non esplicitano solo qualità e talento offensivo, rappresentano anche il playmaking a disposizione della squadra allenata da coach Christian. Il superlativo Michele Ruzzier restituito dalla Coppa Italia di Torino, sarà l’elemento su cui si focalizzerà l’impianto difensivo trevigiano; presumibile una staffetta “togli ossigeno” da parte di Bruno Mascolo e David Torresani, o perlomeno un moto perpetuo atto a rallentare i giochi d’attacco giuliani, cercando, dalla parte opposta, di attaccare, e quindi indurre al fallo, il regista triestino. Ovviamente la Nutribullet Treviso è compagine a trazione esterna (come Trieste ndr.), con il talento diffuso ma intermittente di Kyle Bowman, D’Angelo Harrison e JP Macura; se la produzione offensiva la si da per scontata (Treviso è l’8° attacco della serie A con 86 punti segnati a partita), diversa è l’attitudine dei sopra citati in chiave difensiva, elemento sui cui Brown e soci dovranno cercare di speculare il più possibile. Nonostante coach Vitucci avesse ritrovato il migliore Pauly Paulicap, come di consueto in crescendo appena sente l’odore del “taglio”, il reparto lunghi veneto potrebbe patire a rimbalzo; 11° in classifica con 34.9 carambole prese per partita, la Nutribullet dovrà stare attenta ai 39.1 dei biancorossi giuliani (4° posto globale in serie A), ai secondi o terzi possessi che possono scaturire dalla capacità nel pitturato di Jayce Johnson e soci. “Gap” d’area appena limato dall’inserimento dell’esperto Francesco Pellegrino, ma sempre sofferente per la naturale predisposizione degli altri elementi di reparto, Valerio Mazzola e Andrea Mezzanotte, inclini a giocare lontano dal canestro. Non trascurabile anche l’uscita di scena di Justin Alston, 203 centimetri a servizio della causa. In ultima battuta forse l’aspetto più incisivo, che non rientra nelle statistiche, nei numeri o nelle lavagne tattiche: l’approccio mentale degli uomini di coach Christian dopo la pausa delle Final Eight. L’agonismo ritrovato e un derby necessitano di “cattiveria” sportiva ai massimi livelli, a maggior ragione se il roster è viziato da assenze importanti; ogni leggerezza o superficialità sui 28 metri può essere pagata a caro prezzo, di fronte ci sono “animali” feriti che non aspettano altro per assestare il colpo di grazie. Il “sold out” del Palatrieste potrebbe aiutare a mantenere il focus.

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