Analisi post Scafati: palle d’acciaio Deangeli, la mano del coach, il problema Pacher e il pubblico che torna a trascinare

Credit: Paolo Gerin

Quando uno ci mette la mano… tattica

La dico chiara, senza temi di smentita: una partita così, anni fa, l’avremmo perso per inerzia. Coach Legovich invece dimostra, una volta di più, personalità nel riproporre la “zona”, ormai coperta di Linus nei momenti complessi, nel predisporre sul parquet un quintetto improbabile ma a voluta trazione difensiva (con Deangeli, Vildera e Lever), impartendo il diktat supremo della ricerca del fallo con l’avversaria gravata da bonus. Se per qualcuno tutto ciò appare scontato, non lo è. Un allenatore che riesce a rivoltare come un calzino la squadra (primo tempo inguardabile ndr.), azzardando, vuol dire che ha le stimmate del grande timoniere; attenzione, si fa presto a cadere dall’alto e farsi male, per cui sarà importante professionalmente che “Lego” cerchi continuamente un equilibrio per non deragliare nell’onnipotenza o nella presunzione che chi comanda prevarica su tutto e tutti. In questo, penso che gli assistenti a fianco siano parte integrante di un percorso condiviso e calibrato settimanalmente.

Gli attributi e l’intelligenza di Deangeli

Uno che tirava con il 25% da tre punti (3/12 prima di Scafati) e che si mette prima ad infilare una tripla con i piedi sulla linea dall’angolo (quindi data da due punti) e poi quella decisiva… o è un pazzo o ha degli attributi che possono fare da cabine all’ovovia. Mi piace da matti la personalità con cui il ragazzo si è preso quei tiri, senza titubanze, seguendo la logica del giusto tiro, a prescindere dal risultato. C’è anche tanta intelligenza nello stare in campo, e non parlo solo della fase difensiva. Va in penetrazione e viene “posterizzato” nel tentativo di schiacciare; l’azione successiva, scientemente decide di eludere l’arrivo del difensore anticipando il tiro da sotto canestro. Risultato? Due punti fondamentali.

A.J. Pacher, non è nei numeri il problema (o non solo)

Caro A.J., essere un bravo ragazzo purtroppo non basta in questo mondo di squali, a maggior ragione quando si fa parte di un gruppo che è appena entrato in una Dak To (battaglia più cruenta in Vietnam nel 1967 ndr.). C’è chi come Deangeli sprigiona energia difensiva per rendersi utile, chi come Gaines in una serata asfittica al tiro prende la retta per il ferro subendo falli a ripetizione, chi come Vildera che mette tutta la spigolosità del mondo per arginare i più fisici e verticali avversari. Insomma, il punto non è quanta produzione porti in dote, ma cosa porti per la causa. E onestamente il contributo di Pacher, nelle ultime uscite, ha il peso specifico di una piuma. Linguaggio del corpo arrendevole, sguardi al canestro distratti come un ex guarda la compagna dopo un rapporto lacerato dalle baruffe, poca “cattiveria” agonistica. Ho già scritto in precedenza, così non serve…e la provocazione di coach Legovich non ha sortito reazioni.

Quando il pubblico trascina…

La sensazione è che effettivamente il pubblico sia tornato… in partita. Lasciamo perdere i numeri in crescita (quasi il doppio degli spettatori rispetto a qualche settimana fa), c’è proprio la sensazione plastica che i tifosi abbiano capito il ruolo fondamentale del “sesto uomo”. Anche ieri la Curva Nord e tutto il Dome sono stati l’energia supplementare nei momenti complessi, i decibel alzati nei momenti caldi hanno distratto gli ospiti e convinto la terna arbitrale a qualche fischio in più (giusto) sui contatti. Un pullman esaurito in 56 minuti in vista di Treviso è la prova provata di quanto scritto sopra; in terra veneta serve portare una fetta di Dome calda e rumorosa, per una sfida ad altissima intensità. La salvezza la giocano tutti: giocatori, staff e gli appassionati biancorossi.

Raffaele Baldini

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Pubblicato il gennaio 9, 2023, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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