Analisi: dentro uno crisi profonda…

Il nulla… pesa tantissimo

Smarrimento tattico, mancanza di orgoglio, zero risposte. Il peso del “nulla” che è stato presentato nella sfida contro Rimini è quasi insostenibile. L’immagine del coach con le mani sulle ginocchia o al massimo a braccia incrociate davanti ai genitali, vestito di nero, è la rappresentazione più plastica di una inadeguatezza su tutti i fronti; se l’aspetto tattico è una macro falla che poteva essere preventivabile, vista la distanza con un mondo collegiale americano, l’empatia da “mental-coach” no. Ormai il linguaggio del corpo è talmente evidente che non può essere dribblata. Cosa fare in questi casi? Di norma il GM sente la squadra e capisce se c’è ancora una comunicazione aperta con l’allenatore (anche se la risposta c’è già), altrimenti è doveroso cambiare il timoniere. Il nulla è anche l’alibi macroscopico con cui per esempio Sinner avrebbe potuto concludere gli Australian Open, cioè sotto di due set a zero, contro un grande finalista e avendo raggiunto comunque l’atto finale. Il “rosso” invece reagisce, lotta, vince. I giocatori della Pallacanestro Trieste invece si stanno nascondendo dietro a coach Christian, si son fatti piccoli piccoli, eccetto Giovanni Vildera, che non si può nascondere, anche per stazza. Il nulla è anche nascondere dietro ad un DEPRECABILE lancio di un bicchiere di birra l’anima del tifo triestino, quella che ha supportato la squadra al Palatrieste e macinando chilometri per l’Italia, quella che ha posto in maniera educata e competente interrogativi alla società.

Difetto di personalità

Abbiamo parlato tanto del “male oscuro” che pervade giocatori retrocessi. Sembra che questo “virus” abbia intaccato un po’ tutti, senza distinzione (forse Vildera è unico vaccinato). Se diamo per scontato che questi cestisti siano sulla carta validi elementi per la categoria (e lo sono), allora il 13 su 24 ai tiri liberi ha una matrice mentale. Non è la prima partita che Trieste porta percentuali insufficienti dalla linea della carità, si è perso anche un derby così, per cui si ha la sensazione che il roster sia fatto di giocatori bravi ma con personalità relativa. Addirittura docenti di pallacanestro come Ariel Filloy, si perdono in scelte imbarazzanti, quasi uno sfregio alla pulizia tecnica e alla conoscenza del gioco del “gaucho”. Contro la mancanza di personalità si può far poco, a meno che qualcuno creda che il “mental-coach”…

C’mon USA!

Sono in questi momenti, soprattutto questi, che bisogna gridare con forza: grazie USA! Chi investe regala ad una città il lusso di vivere lo sport, chi investe copre le manchevolezze di una città che non elargisce nulla, chi investe rispetta il nome della Pallacanestro Trieste. Sbagliare è umano, soprattutto per chi viene da un mondo sempre più distante da quello europeo, importante è non reiterare l’errore. Mai come in questo momento serve che il Presidente Richard De Meo dia segnali non solo chiari ma volti a credere con più forza al progetto di tornare in serie A. Le critiche sono atti d’amore, di un fidanzato/a tradito/a che però crede nella forza di radici profonde; non lasciatevi impressionare ma caricatevi di nuovi stimoli, non combatterete mai soli!

Sala stampa inutile

Per fortuna non è il coglione che scrive a dirlo, ma un esimio giornalista come Sergio Meda, autore del libro su Cesare Rubini. Le dichiarazioni in sala stampa sono ormai anacronistiche, o forse lo sono sempre state, un prodotto preconfezionato dove chi interroga e chi risponde agisce in nome di un canovaccio scritto. Il vero confronto si ha “face to face”, un giornalista che pone le SUE domande e un addetto ai lavori che risponde senza paraventi; una volta c’era un taccuino, due bicchieri di vino e una tavola, poi c’era la telefonata diretta e ora invece c’è il “filtrone” societario. Non è quindi una questione che i giornalisti non fanno domande, non è una questione di risposte lapalissiane, è proprio un modus operandi che non convince.

Il Cesare Rubini per pochi…

Come sempre si parla di storia della pallacanestro con la “P” maiuscola e le sale stampa trionfano… d’assenza. Quando addetti ai lavori non hanno la “fame”, questo significa che sono sazi di presunzione. Presunzione di avere un ruolo perché indossano una giacchetta griffata, presunzione perché sono stati investiti nel ruolo, presunzione perché omettono tutta una serie di aspetti che possono essere decisivi nel loro percorso professionale. Non voglio insegnare niente a nessuno, ci mancherebbe, voglio solo capire perché manchi questo desiderio, questa voglia di attingere conoscenza dal personaggio forse più iconico dello sport, quello a cavallo della guerra, quello che ha spianato la strada alla pallacanestro manageriale di alto livello. E’ lo stesso principio per cui gli ultimi allenatori della Pallacanestro Trieste non hanno avuto l’interesse di fare una chiacchierata con Boscia Tanjevic…

La curiosità

Mi è stato suggerito un aspetto peculiare, sfuggito a molti. Ariel Filloy, durante l’inno italiano, sparisce dal campo per tornare immediatamente dopo l’ultima nota. Curioso, per uno che ha giocato con la Nazionale italiana, forse potrebbe essere ascritto ad un rito scaramantico del pre-partita.

Raffaele Baldini

Pubblicato il gennaio 29, 2024, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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