Analisi di una serata col passo del gambero.

Orrendi segnali

E’ difficile santificare le feste… dopo la prestazione di Trento. I più cinici diranno che a Trento è un “must”, un pedaggio da pagare obbligato. Purtroppo la realtà è che da questa trasferta arrivano segnali molto inquietanti. Il primo fra tutti è che la squadra è tornata ad approcciare male, come nelle partite con Brescia, Reggio e Scafati, senza mordente e monomarcia. Altro segnale pericoloso è l’egoismo imperante di alcuni attori principali, primo fra tutti Frank Bartley. Irritante per egocentrismo, ha palesemente preferito rimpolpare il proprio bottino piuttosto che mettere in ritmo i compagni, nonostante evidenti segnali di fastidio degli stessi. Terzo campanello d’allarme è la totale mancanza di alternative tecnico/tattiche. Sono sparite le “zone” (vedi capitolo Legovich), la Pallacanestro Trieste si specchia con le avversarie senza avere la personalità di scardinare il gioco altrui, senza proporre qualcosa di diverso per far pensare chi ti sta di fronte. La corsa alla salvezza è fatta anche e soprattutto di coraggio, di altruismo, di spirito di gruppo.

E non vediamo gli altri sempre più grandi di quelli che sono

Trento è allenata bene, costruita bene, perché ha un sistema che funziona. Un sistema che ha convinto Flaccadori a ri-sposare il progetto, che ha la lungimiranza di accaparrarsi il talento di Matteo Spagnolo (mentre tutti guardano youtube), che ha il coraggio di costruire la squadra attorno ai due italiani. Gli americani, se non vi siete accorti, sono di complemento (per usare un eufemismo), con una punticina di talento in Crawford e l’essenzialità di Grazulis. Quindi? Si, un roster non trascendentale ma funzionale al gioco di coach Molin, che ha 6 punti più di Trieste, che è in piena corsa per i playoff, che nonostante le coppe è competitivo ogni santa domenica. Che conti qualcosa costruire bene il gruppo?

Coach Legovich, perché “il catenaccio”?

Marco Legovich aveva convinto anche i più scettici per la grande capacità di immergersi in un mondo estremamente complesso, soprattutto per un trentenne. Personalità, idee chiare e un’empatia con i giocatori che hanno risollevato il gruppo (più scarso di oggi ndr.) dopo l’inizio tragico. Purtroppo questo spirito garibaldino sembra un po’ essersi stemperato in queste ultime settimane, in cui si è visto un atteggiamento conservatore, “catenacciaro” nelle parole e nei fatti, privo di quella genialità che gli è propria. Le “zone” adattate che avevano messo in difficoltà chiunque non si sono viste, se non sporadicamente e con poca convinzione, minutaggi coraggiosi si sono trasformati in avvicendamenti con il cronometro. Occhio “Lego” perché se i giocatori “respirano” un cambio di registro, e se solo intravedono qualche debolezza… affondano il colpo. Trieste ha bisogno del suo timoniere in versione cazzuta!

Frank Bartley, ti guardiamo tutti…

Che sia chiaro, Frank Bartley è stato l’asse portante di una stagione non facile, l’uomo dalle spalle larghe su cui ci si è aggrappati come un Koala sull’albero di eucalipto. Proprio per questo motivo però c’è qualcosa che stride fortemente dopo l’ultima prestazione di Trento. Il messaggio, declinato in forma di egoismo cestistico, è quello di un “investimento” sul suo futuro a suon di numeri, quella classifica dei cannonieri da vincere per alzare il valore del contratto. Caro Frank, siamo in un paese latino, non siamo negli States, qui conta salvare la squadra e la società, conta far restare l’alabarda nella massima serie, a costo di vederti non prendere un tiro in quaranta minuti. La pallacanestro è uno sport di squadra che non ammette solismi non autorizzati, che ha delle logiche per cui il singolo non può ottenere il risultato del gruppo, dove l’esercizio balistico fine a se stesso è irritante. I tuoi 23 punti hanno il peso specifico nettamente ridotto dei 4 punti di Luca Conti (!!), le tue palle perse (8) sono potenziali 16 e più punti concessi agli avversari. Di quanto abbiamo perso?

Con Varese devono esserci tutti. La squadra peggiore da affrontare

L’Openjobmetis Varese, lo dico senza temi di smentita, è la squadra peggiore da affrontare dopo una sconfitta inopinata interna (contro Reggio Emilia peraltro) e il 21,4% da tre punti. Se Trieste difende come a Trento, ve lo metto per iscritto, al quarantesimo leggerà punti subiti a tre cifre sotto una pioggia di triple. Troppo dinamica, sempre in movimento e con finissimi attaccanti la squadra di coach Brase per starle dietro. Serve in una settimana che Deangeli e soci riacquisiscano quello spirito di sacrificio intravisto (non visto, intravisto) con Bologna, magari avvicinandolo a quello espresso con Treviso. L’Allianz Dome è fondamentale che resti un fattore come lo è stato con la Virtus; tanta gente, voglia di alzare i decibel, far sentire ma soprattutto far capire a chi scende in campo la voglia di serie A. La società attui tutte le possibili promozioni, “porta un amico”, “porta il cane o il gatto”, “porta la suocera”, “porta chi te vol…”…serve lo sforzo di tutti.

Raffaele Baldini

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Pubblicato il aprile 9, 2023, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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