Dalmasson/Ciani, quell’insano bisogno di schierarsi

L’esigenza tutta italiana/triestina di creare dei fronti (estremismi camuffati) proprio non la capisco. Complottisti, negazionisti, buonisti, dalmassoniani e anti-dalmassoniani. Come ogni anno c’è l’insano bisogno di schierarsi, come se quei dieci lunghi (ormai undici) anni di permanenza del coach veneto debbano per forza essere un elemento da difendere a prescindere o da scartare bollandolo come “scaduto”. Chi ha giocato a basket sa che il meccanismo di uno sport di squadra ha semplici ingranaggi ma formati da pezzi ben torniti, altrimenti ogni spigolo inceppa il sistema.  Il “ben torniti” sta nelle sfumature che costellano le logiche di un gruppo eterogeneo che si assembla, dai caratteri al linguaggio tecnico condiviso. Ognuno è parte del sistema, ognuno non può da solo farlo funzionare senza gli altri. L’arrivo di Franco Ciani quindi ha dato sfogo agli “integralismi” di cui sopra: gli anti-dalmassoniani (di cui non faccio parte) che vedono nell’allenatore friulano la “luce” in un cammino buio (la storia dice altro ndr.), i dalmassoniani (di cui non faccio parte) che vedono la lungimiranza del condottiero nello scegliere i propri generali (assistenti ndr.), da Matteo Praticò a Marco Legovich, passando proprio per Franco Ciani. Per buona pace degli uni e degli altri dico che quando un assistente disegna uno schema su una lavagnetta durante una partita, vuol dire che quello schema è stato lavorato per settimane e studiato nel perfetto allineamento con il primo allenatore. Per chi pensa che la gestione degli allenamenti delegata a Franco Ciani o Marco Legovich fosse una delegittimazione di Eugenio Dalmasson, lo invito a ricordare che molti allenamenti della Stefanel targata Boscia Tanjevic veniva gestita da Matteo Boniciolli, non proprio l’ultimo arrivato. Uno staff tecnico di livello parla la stessa lingua, diverse bocche che lo esplicitano alla squadra, sono un modo di tener desta l’attenzione dei giocatori. Il grande valore aggiunto di Franco Ciani, oltre alla competenza indiscussa, è quella di avere una posizione di vantaggio durante le partite, cioè ragionare a mente più lucida rispetto al primo allenatore, oggettivamente sotto pressione. I suggerimenti, esattamente come quelli di Marco Legovich, sono dettati da una lettura nitida e da una posizione privilegiata, ma l’ultima parola spetterà sempre ad Eugenio Dalmasson, l’uomo per cui il contratto pesa maggiormente e che espone la propria figura professionale. Per cui, se l’Allianz Trieste mette in mostra qualche brano di “zona”, può essere sicuramente farina del sacco di Franco Ciani, ma sappiate che viene messa in pratica su indicazione del primo allenatore. Tutto questo per invitare gli “schieramenti” a fare uno sforzo in più per giudicare in maniera equilibrata la questione tecnico/tattica; per l’amor di Dio, la diversità di vedute è il sale del dibattito sportivo, così come avere preferenze su visioni di gioco, ma non può il giudizio essere ricondotto ad un mero scontro fra professionisti, o, per essere più precisi, a il “buono” ed il “cattivo”. Immaginate quindi di fare un parallelismo, come la squadra viene giudicata nel suo insieme (altrimenti non si chiamerebbe “di squadra”) così lo staff tecnico deve essere giudicato come “squadra tecnico/tattica”, con i pregi ed i demeriti del caso. Se additate uno o esaltate l’altro, non parlate di pallacanestro.

Raffaele Baldini

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Pubblicato il settembre 10, 2020, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. Quattro quarti di applausi.
    Un saluto.

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