Analisi del giorno dopo: la splendida “rivoluzione vintage” del Poz, lo schema Bilan e la regia debole triestina
Miro Bilan è uno schema, non un giocatore
Poche volte ho visto in vita mia un giocatore che da solo diventa uno schema offensivo e un pensiero per cinque difensori. Vi assicuro che non sto parlando dello scout, che comunque recita 20 punti e 8 rimbalzi, ma proprio l’epicentro di una meravigliosa coralità di squadra. Non c’è stagnazione nel gioco ossessivo al post basso, c’è il coinvolgimento di un totem che è playmaker aggiunto, che ha maestria nel prendere posizione (ed evitare di farsi anticipare dal difensore), che crea quell’equilibrio fra gioco esterno ed interno difficilmente riscontrabile in altre realtà del nostro campionato, forse anche a livello europeo. Se fossi in coach Pozzecco farei una assicurazione per ogni centimetro quadrato del giocatore croato, perché con lui la Dinamo viaggia che è un piacere, bella ed efficace.
Gianmarco Pozzecco è allenatore vero
Vedo una forte, fortissima identità nella Dinamo Sassari allenata da Gianmarco Pozzecco. Un retrogusto “vintage” del lungo di ruolo sfruttato come si deve e coinvolto, esso stesso con caratteristiche molto anni ’80 (tecnico, zero verticale e normolineo), un continuo elastico fra gioco profondo in post-basso e riapertura agli esterni, penetrazioni atte a prendere in contropiede la flottante difesa avversaria. La pallacanestro se letta con intelligenza è sport più semplice di quanto si voglia credere, purchè tu abbia elementi in grado di saperla fare. La pallacanestro moderna ha preso la via dei veleggiatori, quelli che saltano un metro e mezzo da terra ma se gli chiedi “arresto, passo e tiro” incespicano finendo per l terre; alle volte la rivoluzione modernista sta proprio nel riproporre qualcosa di antico.
Come si giudica un giocatore “sotto terapia” celata?
E’ bastato “momento verità” di coach Dalmasson ad un rete privata per rendere coglioni metà dei giornalisti locali, il sottoscritto in primis (non è un gran sforzo). La famosa “terapia al cortisone” di Myke Henry merita profondo rispetto, pur considerando che ha una gestione sportiva difficile da spiegare. Ora, come fanno i giornalisti, gli appassionati, ad avere un equilibrio senza elementi fondanti per capire lo stato di salute di un giocatore? Gli “strateghi” diranno che nel professionismo vale tutto, anche nascondere debolezze fisiche dei propri giocatori, però almeno creiamo le attenuanti per chi sta a 500 metri dal campo e valuta un atleta nell’arco dei quaranta minuti. Adesso tutto diventa più complesso. Come giudicare i 12 brillanti punti di Fernandez in soli 14 minuti? Un’altra terapia in corso? Vabbè, ce ne faremo tutti una ragione…
C’è qualcosa in regia che non va
Quando Fernandez è a posto fisicamente, tutti stanno sereni. Il problema è che dietro di lui c’è uno sterile reparto, composto da Tommy Laquintana e Milton Doyle. Il primo, amante del palleggio e delle linee orizzontali, purtroppo stenta ad essere quel ficcante esterno che tagliava in due le difese avversarie con la maglia di Brescia; soprattutto deve migliorare la qualità nei passaggi, perché una palla persa da un regista è un contropiede ospite (quasi) assicurato. Milton Doyle ormai sta definendo il suo status di “precario” del ruolo, troppo incline a deragliare in scelte offensive incomprensibili; sostanzialmente non da un punto di riferimento certo, non è una guardia che segna, non è un play che fa girare la squadra.
Raffaele Baldini
Pubblicato il gennaio 25, 2021, in BASKET NAZIONALE E INTERNAZ., BASKET TRIESTINO, HighFive, News con tag Allianz Trieste, Analisi giorno dopo, Dinamo Sassari, Raffaele Baldini. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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